PNRR: “poca trasparenza” su spesa e avanzamento dei progetti

A oltre cinque mesi dall’approvazione del ‘nuovo PNRR’ non esiste ancora un quadro finanziario aggiornato sulle misure del piano, né sono disponibili le informazioni sullo stato di avanzamento dei singoli progetti, in particolare, su quanto è stato speso fino a oggi.

L’allarme PNRR è stato lanciato dall’Osservatorio civico PNRR, insieme a più di 300 organizzazioni della società civile riunite nella campagna ‘Dati Bene Comune’, che stanno chiedendo maggiore trasparenza e accesso pubblico alle informazioni fin dall’avvio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. 

Il Piano è stato modificato, ma..

Per questo motivo, come riporta AcrtionAid, la Fondazione Openpolis, il 17 aprile, ha inoltrato al Governo un’ulteriore richiesta di accesso generalizzato agli atti (Foia), la quarta in due anni, con oggetto i dati del PNRR.

Lo stesso Osservatorio civico ha inviato una lettera sul tema alla ‘Cabina di regia’ del Governo sul PNRR.
Con la revisione approvata dalle istituzioni europee nel dicembre scorso, il piano di investimenti, pari a circa 194 miliardi di euro, è stato sostanzialmente modificato, tanto che oggi è lo stesso Governo a parlare di un ‘nuovo PNRR’.

…siamo di fronte a un vuoto informativo

Tuttavia, l’esecutivo non ha ancora messo a disposizione le informazioni relative agli importi delle centinaia di misure indirizzate ad ambiti fondamentali, come sanità, scuola, transizione ecologica o digitale.

In questo modo, “è praticamente impossibile analizzare il piano” per misurare la riuscita degli investimenti e verificare l’utilizzo di risorse pubbliche di tale portata. Per non parlare del raggiungimento delle priorità trasversali sull’eliminazione dei divari di genere, generazionali e territoriali.
Siamo di fronte a un grave vuoto informativo e a una mancanza di trasparenza inaccettabile, che impedisce una soddisfacente attività di monitoraggio civico, da parte della società civile, degli addetti ai lavori e dei media.

…che lascia l’Italia in una condizione di incertezza

Insomma, tutto ciò lascia le comunità, le amministrazioni locali e le imprese in una condizione di grave incertezza.

Con l’ultima richiesta di accesso agli atti si richiede nuovamente (come era stato fatto attraverso un Foia lo scorso febbraio) lo stato di avanzamento dei singoli interventi e la spesa effettivamente sostenuta. Nonostante le rassicurazioni pubblicate dal Governo su Italia Domani, a oggi queste informazioni non sono ancora pubbliche.

Pubblicato
Categorie: Società

Apple: arriva una svolta epocale per le riparazioni degli iPhone?

Una novità che dovrebbe migliorare l’accesso a riparazioni sicure, ma a costi contenuti. A  partire da quest’anno, Apple renderà disponibili ai possessori di iPhone che necessitano di riparazioni parti usate selezionate per alcuni modelli. Apple ha infatti annunciato una svolta significativa nella sua politica di riparazione degli iPhone, introducendo la possibilità dell’uso di componenti di seconda mano. 

La mossa di Apple rappresenta sicuramente un passo avanti per l’azienda nel campo della sostenibilità e dell’autonomia degli utenti. Anche perché queste riparazioni potranno essere eseguite sia da utenti competenti sia da terzi indipendenti.
E tra i primi componenti che saranno messi a disposizione ci saranno i sensori biometrici per il Face ID (riconoscimento facciale attraverso uno scanner 3d) e il Touch ID (riconoscimento tramite lettore di impronte digitali).

Ogni iPhone conserverà un registro completo di tutte le riparazioni effettuate

In ogni caso, la politica di Apple, finalizzata a verificare l’autenticità delle parti e la cronologia dell’hardware, resterà in vigore. Tanto che ogni dispositivo conserverà un registro completo delle riparazioni effettuate, indicando se sono state usate parti nuove o di seconda mano. 

In un ulteriore sforzo per semplificare il processo di riparazione, Apple ha anche annunciato un’ulteriore novità: coloro che riparano i dispositivi non dovranno più fornire i numeri di serie quando ordinano le parti di ricambio, a meno che non si tratti di sostituire la scheda madre.

Il problema dello smaltimento dei rifiuti elettronici

Il programma di auto-riparazione di Apple è stato lanciato per la prima volta negli Stati Uniti nel 2022, per poi espandersi in vari altri Paesi nel mondo.
Con il recente aggiornamento dell’11 aprile, il programma ora supporta 40 prodotti Apple in 33 Paesi e altri territori.

L’introduzione di questa politica avviene in un momento in cui le autorità di alcuni tra i mercati principali di Apple hanno espresso critiche aperte verso le politiche dei produttori di dispositivi riguardo alle riparazioni. Soprattutto in riferimento al problema dello smaltimento dei rifiuti elettronici, che ogni anno si accumulano in quantità enormi.

Anche altri produttori hanno lanciato schemi di riparazione simili

Seguendo una tendenza che sembra orientata a prolungare la vita utile dei dispositivi, riporta Adnkronos, anche altri produttori come Samsung e Google hanno lanciato schemi di riparazione simili.

Si tratta di un cambio di passo per l’industria dell’elettronica di consumo, che ora sembra voler adottare pratiche più sostenibili e più orientate al consumatore.

Rate mutui a tasso variabile sotto pressione: +36%

Secondo l’analisi condotta da CRIF sull’impatto dell’innalzamento dei tassi sui mutui, elaborata sul patrimonio informativo del Sistema di Informazioni Creditizie EURISC, il 26% dei mutui ipotecari attivi a gennaio 2022 era a tasso variabile. La crescita dei tassi, rispetto ai minimi di metà 2022, ha comportato un aumento della rata per i mutui a tasso variabile mediamente del +36% rispetto ai minimi di metà 2022.

L’analisi registra che il trend di crescita dei tassi ha significato un incremento del +25% sul livello complessivo di indebitamento di chi ha sottoscritto un mutuo a tasso variabile negli ultimi 5 anni.
Insomma, l’aumento dei tassi di interesse, la risposta della BCE per contrastare l’inflazione, ha generato non poche conseguenze per privati e ditte individuali che in questi anni hanno sottoscritto mutui a tasso variabile.

Un picco del +49%

L’effetto più tangibile dell’innalzamento dei tassi è sulla rata media, con un picco del +49% per i mutui erogati negli ultimi 5 anni.
Di fatto, per i mutui a tasso variabile sottoscritti negli ultimi 5 anni, l’esposizione residua a fine 2023 è aumentata del 25%. E la tensione finanziaria di oltre 15 punti percentuali per le fasce medio-alte.

La principale evidenza emersa dall’analisi CRIF è infatti l’aumento dell’esposizione finanziaria dei mutuatari, nonostante le 24 rate pagate nel periodo fra gennaio 2022 e dicembre 2023.

Peggiora il rapporto rata-reddito

In parallelo, l’aumento delle rate mensili ha prodotto un peggioramento significativo del rapporto rata-reddito, in media di 8 punti percentuali dai minimi di metà 2022. Inoltre, per i mutui erogati negli ultimi 5 anni tale peggioramento ha raggiunto i 10 punti percentuali.
Nonostante l’aumento dei tassi di interesse, i soggetti con mutui a tasso variabile non hanno mostrato un incremento nel tasso di insolvenza.

L’analisi dell’indice di tensione finanziaria, costruito da CRIF per identificare casi di eccessivo indebitamento e prevenire situazioni di dissesto, mostra invece un peggioramento.
In questo caso, i soggetti con mutui a tasso variabile mostrano un aumento della tensione finanziaria, con uno spostamento di oltre 15 punti percentuali dalle classi di livello basso e medio-basso a quelle di livello medio-alto e alto.

“Non c’è stato un incremento significativo nel tasso di insolvenza”

“Le dinamiche di crescita dei tassi di interesse hanno portato nell’ultimo biennio a un significativo impatto sui mutuatari a tasso variabile – commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF -. Tuttavia, nonostante questi impatti, i dati evidenziano che non c’è stato un incremento significativo nel tasso di insolvenza, sebbene si sia osservato un aumento della tensione finanziaria.

Le prospettive di un possibile abbassamento dei tassi a giugno 2024 fanno sperare per un sollievo ai mutuatari, riducendo la pressione e contribuendo a stabilizzare la situazione finanziaria. In ogni caso, è fondamentale, nell’attuale contesto macroeconomico e geopolitico di incertezza, rimanere vigili per affrontare le sfide che lo scenario potrebbe presentare”.

Pubblicato
Categorie: Società

Anche il Food diventa tech: il 2024 sarà l’anno dell’AI al ristorante

Il 2023 della ristorazione verrà ricordato come l’anno della diffusione capillare dell’AI. Quattro ristoratori su 10 ne hanno fatto uso in maniera costante, e per il 2024 il 73% dichiara di volerne implementare o potenziare l’uso per proporre contenuti sempre più calibrati sul gusto dei clienti. Come? Tramite l’uso di chatbot e strumenti generativi di foto e video. 

Insomma, dalla robotica alle automazioni di ordini e prenotazioni, dai software gestionali alle strategie di comunicazione e marketing, nel 2023 si consolida l’impiego di tecnologie in sala e in cucina.
A quanto emerge dalla ricerca ‘Tecnologia in Ristorazione – Scenari e Opportunità’, effettuata dall’Osservatorio Ristorazione, per un ristoratore su due questi strumenti consentono di far risparmiare allo staff fino a 20 ore di lavoro a settimana.

Dalla sala alla cucina l’innovazione è al servizio della ristorazione

L’84% dei ristoratori utilizza strumenti tecnologici in sala, in prevalenza gestionali di cassa, prenotazioni e ordini. Il 9% utilizza sistemi di self order, tra totem e menu digitali integrati con la cassa, che consentono di risolvere il problema del reperimento di personale ai tavoli.
Solo l’1% dispone di robot di sala.

I ristoratori che utilizzano tecnologia in cucina rappresentano il 77% e fanno ricorso a supporti in grado di elevare la qualità della produzione.
Tra gli impieghi, spopolano i software per la gestione del magazzino e il calcolo del food cost, sistemi di ricezione e gestione delle comande, e per il 16%, l’utilizzo di robotica da cucina.
Anche in questo caso, l’impatto principale è sul lavoro più operativo, senza sacrificare a creatività degli chef.

Anche la comunicazione con i clienti diventa digitale

All’esterno del ristorante, il 95% mette in moto azioni di marketing digitale nei confronti del mondo esterno.
Sul podio degli strumenti più utilizzati, social media (91%), piattaforme per le prenotazioni (73%) e WhatsApp Business (60%).
Molto utilizzati anche i software per l’email marketing (49%) e le piattaforme di intermediazione (The Fork, Just Eat, Deliveroo e affini, 24%).

Il 12% dichiara inoltre di utilizzare e-commerce per vendere i propri prodotti, l’8% di declinare la comunicazione in prodotti editoriali come podcast e web-radio, e il 6% di fare ricorso ai canali Telegram per aggiornare i propri clienti.

Intelligenza artificiale per tutti gli usi

Il 78% dei ristoratori nel 2023 ha fatto uso dell’AI per velocizzare o migliorare la stesura di testi, come contenuti social, e-mail e app di messaggistica. Ampio impiego (tra 23% e 35%), anche per l’elaborazione di piani editoriali, traduzioni, descrizioni dei piatti, stesura di procedure interne, ricerca di informazioni e dati.

Alla domanda sulle previsioni di utilizzo dell’AI nel 2024, riporta Adnkronos, la percentuale relativa alla stesura di testi per comunicare verso l’esterno cala al 54%, mentre crescono notevolmente l’analisi di dati (dal 13 al 40%), la produzione di idee creative (37%, 53%), la generazione di foto e video (36%, 47%) e la ricerca di spunti per le ricette (23%, 33%).

Cos’è la nuova tendenza del #nospendchallenge?

La società si trasforma rapidamente e oggi uno degli imperativi principali è risparmiare. Risparmiare in tutti i sensi, e non solo in merito all’aspetto economico. L’attenzione alle spese, infatti, ha riverberi in moltissimi ambiti: il desiderio di condurre una vita senza sprechi, in perfetto stile minimal, fa bene al budget ma anche all’ambiente.

In questo contesto nasce la #nospendchallenge, ovvero la sfida a non acquistare nulla che non sia strettamente necessario. Obiettivo dichiarato è non spendere, non solo per motivi economici, ma anche per ridurre l’impatto ambientale.

Una sfida che richiede disciplina

Nella teoria la sfida è semplice, ma nella messa in pratica richiede un certo rigore, per non dire una buona disciplina. L’idea è di astenersi dall’acquisto di qualsiasi cosa non essenziale per un periodo predeterminato, che può variare da una settimana a un anno. Le spese essenziali, come mutuo, bollette, cibo e medicinali, sono ovviamente escluse dalla challenge.

Cosa non ci serve?

Per affrontare e superare la #nospendchallenge arrivano anche i consigli degli esperti. La prima dritta è quella di identificare in anticipo le cose a cui non si vuole rinunciare e limitarsi a spendere solo per esse. Con questo presupposto, possono rimanere escusi dalla lista della spesa tantissimi beni e servizi:  basta all’acquisto di libri, vestiti, pranzi e cene fuori casa, junk food, cosmetici, bevande non essenziali, elettronica, media in streaming, prodotti per la pulizia, complementi d’arredo e altro.

Una scelta che fa bene al Pianeta

Il motivo principale dietro la sfida, riferisce Adnkronos, è ridurre il gigantesco impatto ambientale che hanno gli acquisti compulsivi. La sovraproduzione, alimentata dal fast fashion e da simboli di status, ha portato a un aumento dei costi ecologici legati ai trasporti e ai resi. Il prezzo ambientale di tutto ciò? Completamente fuori controllo e non più sostenibile.

La Generazione Z, particolarmente sensibile alle questioni ambientali, è stata tra le prime ad abbracciare la sfida. Il boom dello shopping online, spinto anche dalla pandemia e dai lockdown, ha comportato un elevato costo ambientale, legato soprattutto agli imballaggi e alle emissioni generate dal trasporto dei prodotti. Nell’e-commerce, anche la pratica dei resi online è particolarmente onerosa in termini di prezzo ambientale, dato che risulta cinque volte superiore rispetto a quella che si registra nei negozi fisici.

Basta acquisti compulsivi 

La #nospendchallenge mira a spezzare il circolo vizioso dell’acquisto compulsivo, promuovendo l’economia circolare e la creatività nel riutilizzo degli oggetti già posseduti. Si tratta di un approccio utile anche per far sviluppare tra i giovani una certa consapevolezza finanziaria. Le nuove generazioni, infatti, spesso non valutano attentamente quanto denaro hanno a disposizione prima di effettuare acquisti. In conclusione, la sfida dimostra che è possibile vivere con meno, contribuendo positivamente all’ambiente, al portafoglio e probabilmente anche alla salute mentale. 

Risorse naturali e innovazione: il boom delle rinnovabili in Piemonte

Il Piemonte, e la città di Torino in particolare, sta vivendo un autentico boom nel settore delle energie rinnovabili.

La regione, ricca di risorse naturali e caratterizzata da uno splendido patrimonio paesaggistico, si sta rapidamente trasformando in archetipo dell’innovazione energetica in Italia, e di seguito analizzeremo i dettagli di questo fenomeno.

Il contesto ambientale

Il Piemonte è caratterizzato da una straordinaria ricchezza paesaggistica. Montagne imponenti, valli verdi e fiumi creano un ambiente ideale per la produzione di energia pulita.

L’energia eolica trova la sua naturale collocazione nelle zone montuose, dove i venti possono raggiungere velocità considerevoli.

Il sole, invece, splende generosamente sulle colline e sulle pianure, offrendo un’enorme potenziale per l’energia solare da sfruttare anche in città, come è stato fatto di recente con l’aeroporto di Caselle.

Inoltre, grazie ai numerosi corsi d’acqua che attraversano la regione, l’energia idroelettrica rappresenta un’altra risorsa di grande importanza, tanto che il Piemonte vanta la presenza di ben 930 centrali idroelettriche: il numero più alto nel nostro paese.

Torino: il centro dell’innovazione energetica

Torino sta dimostrando di essere una vera e propria avanguardia dell’innovazione energetica in Italia.

La città è impegnata nell’implementazione di nuovi progetti e politiche sostenibili per ridurre l’impatto ambientale e promuovere l’uso delle energie rinnovabili.

Grazie alla sua tradizione industriale, Torino è oggi diventata un laboratorio per la sperimentazione di nuove soluzioni a livello energetico.

Le iniziative urbane sostenibili messe in atto riguardano il miglioramento dell’efficienza energetica negli edifici, l’incremento del fotovoltaico Torino sui tetti degli edifici pubblici e privati e la promozione della mobilità sostenibile, con l’implementazione di reti di trasporto pubblico efficienti o l’incoraggiamento all’uso di mezzi di trasporto ecologici come le biciclette.

Inoltre, la città sta sviluppando progetti di riqualificazione urbana che prevedono soluzioni innovative che mirano a ridurre l’impatto ambientale e promuovere la sostenibilità.

Ruolo dell’industria e dell’università

L’industria e l’università svolgono un ruolo fondamentale nell’innovazione e nello sviluppo di tecnologie sostenibili in Piemonte e a Torino in particolare.

Numerose aziende locali si sono infatti impegnate nella produzione di componenti per impianti di energia rinnovabile come turbine eoliche e pannelli solari.

Queste imprese stanno contribuendo alla crescita economica della regione e all’occupazione, offrendo nuove opportunità di lavoro.

Inoltre, l’università svolge un ruolo di primo piano nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie innovative nel settore delle energie rinnovabili.

Infatti, i dipartimenti scientifici e tecnologici delle università del Piemonte collaborano con l’industria e le istituzioni locali per promuovere la ricerca applicata e lo sviluppo di soluzioni sostenibili.

Questa sinergia tra mondo accademico, industriale e istituzionale sta portando a importanti scoperte e innovazioni nel campo delle energie rinnovabili.

Impatti socio-economici

L’interesse verso le fonti energetiche rinnovabili nel Piemonte ha avuto numerosi impatti positivi sia sul piano economico che su quello sociale.

Dal punto di vista economico, l’industria delle energie rinnovabili sta vivendo una crescita significativa, creando anche nuovi posti di lavoro e stimolando la creazione di imprese innovative.

Dal punto di vista sociale, l’adozione delle energie rinnovabili ha rappresentato numerosi benefici per la comunità. La riduzione delle emissioni di gas a effetto serra ha migliorato la qualità dell’aria, contribuendo a migliore la salute pubblica e a una diminuzione delle malattie respiratorie.

Inoltre, l’uso delle energie rinnovabili ha ridotto l’impatto ambientale complessivo, preservando gli ecosistemi locali e proteggendo la biodiversità.

Sfide e futuro

Nonostante i risultati positivi finora ottenuti nel settore delle energie rinnovabili nel Piemonte e a Torino, ci sono ancora alcune sfide da affrontare.

Una delle principali sfide è rappresentata dalle condizioni meteorologiche che influiscono sulla produttività delle fonti energetiche rinnovabili, come l’energia solare e quella eolica.

È necessario sviluppare soluzioni di stoccaggio dell’energia e migliorare la gestione delle reti elettriche per garantire una fornitura energetica continua e affidabile.

Inoltre, è fondamentale continuare con gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie sostenibili per superare le sfide tecniche e migliorare l’efficienza degli impianti.

Per quanto riguarda il futuro, il Piemonte e la città di Torino hanno grandi ambizioni nel campo delle energie rinnovabili. L’obiettivo è quello di continuare a crescere nel settore e diventare un punto di riferimento per l’intero paese.

Articolo in evidenza

Pubblicato
Categorie: Consigli

“Non siamo sfaticati”: perchè la GenZ rifiuta gli stereotipi legati al lavoro? 

Lo confermano i risultati dell’ultima ricerca di Zelo sulla GenZ e il mondo del lavoro: i nativi digitali rigettano alcuni stereotipi che li accompagnano nel mondo del lavoro, e non vogliono essere definiti una generazione ‘sfaticata’.

Ma se da una parte vogliono essere protagonisti del loro futuro e ceo dei loro sogni, magari essere a capo di un’azienda tutta loro, quando si tratta di doversi prendere le responsabilità affermano di volerle condividere con il team. O non volersele ‘accollare’ perché generano ansia (60%).
E ancora, se il 41% dei GenZ preferirebbe lavorare in una grande azienda, le multinazionali piene di superuomini e superdonne ‘sempre performanti’ li intimoriscono. Questo perché i ragazzi Z vivono nella costante paura del fallimento e del timore del giudizio.

Per i nativi digitali i feedback non sono un plus

Abituati alla gratificazione immediata dei social, per loro i feedback non sono un plus, ma l’ossessione che li guida nei progetti e nelle loro giornate lavorative. Il feedback deve avere con sé un suggerimento o esempio concreto (38%), e un riscontro negativo li porta a dubitare di sé stessi (37%).

La GenZ ha anche bisogno di leader che sappiano motivare e ‘parlino bene di loro’ con gli altri. Non stupisce quindi che affermino di sentirsi gratificati se ricevono complimenti dal capo o i colleghi (60%) o premi in denaro (37%).
Il lavoro ideale? Non è scandito da regole, ma da obiettivi chiari (42%), meglio se nelle prime fasi di onboarding c’è un tutor dedicato (49%. 

Il falso mito dello smart working

Anche sul posto di lavoro, poi, sono alla ricerca di nuovi amici con cui magari fare i Be Real durante la giornata e con cui andare agli eventi post lavoro per placare la Fomo (Fear of Missing Out), la paura e l’ansia sociale di essere esclusi da esperienze ed eventi.

E anche lo smart working si rivela un ‘falso mito’ per attrarre la GenZ, visto che il 39% non lo ritiene fondamentale se il lavoro piace. Al contrario, un 14% pensa che il lavoro da remoto sia ‘indispensabile’ proprio per limitare quell’ansia sociale che questa generazione vive costantemente.
A fronte di una generazione ‘emotiva’, profondamente diversa da quelle che l’hanno preceduta, anche gli Hr devono rivedere i loro modelli operativi.

“Sembrare seri” oggi non convince più

Occorre infatti che gli ultimi vent’anni sono gli unici in cui hanno vissuto i ragazzi della GenZ e sono anche quelli in cui si è alleggerito sensibilmente il livello di formalità in ogni ambito della vita.

Ad esempio, ‘dare del lei’ è diventato demodé, le chat hanno preso il posto delle panchine e i grandi must di eleganza sono diventati pezzi iconici per le feste in maschera.
La recruting journey va ripensata: dal linguaggio ai cerimoniali di accoglienza, dai job title all’iter di selezione, tutto quello che si fa per ‘sembrare seri’ oggi non convince più.

Pubblicato
Categorie: Società

Contenuti digitali: nel 2023 gli italiani hanno speso 3,6 miliardi di euro, +5%

Il mercato dei contenuti digitali si articola in due macro-componenti, la spesa degli utenti per fruire dei contenuti attraverso sottoscrizione di abbonamenti o l’acquisto di singoli contenuti, e la raccolta pubblicitaria.
E a quanto emerge dall’Osservatorio Digital Content, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, nel 2023 la spesa dei consumatori italiani in contenuti digitali raggiunge 3,6 miliardi di euro, +5% rispetto al 2022.

A contribuire allo sviluppo, il rinnovato interesse da parte degli utenti per una vasta gamma di contenuti digitali. In particolare, l’informazione, i video di intrattenimento e i contenuti musicali.

Il 44% della spesa è per video intrattenimento

Il settore più rilevante in valore assoluto è il Video Intrattenimento che pesa il 44% della spesa totale (circa 1,6 miliardi), e cresce anno su anno del +7% in termini di spesa del consumatore e del +14% per la raccolta pubblicitaria. Influiscono sui numeri del settore l’aumento dei prezzi, i nuovi modelli di abbonamento ibridi, che includono anche annunci pubblicitari, e il potenziato contrasto alla pirateria.

Cresce (+18%) anche il settore dell’Audio Digitale (musica, audiolibri, podcast), seppur rappresenti solo il 9% del totale del mercato (circa 325 milioni).
Informazione ed eBook rimangono invece ancora poco rilevanti in termini assoluti (5% della spesa totale, 170 milioni). Mentre il Gaming, grazie alla diffusione di consolle digital only, torna a crescere (+2%) coprendo il 42% della spesa (oltre 1,5 miliardi).

Tra i più fruiti anche informazione e musica

Secondo i dati BVA Doxa, nel 2023 i contenuti più fruiti dagli utenti italiani (80%) sono informazione, video di intrattenimento e contenuti musicali, seguiti da riviste, videogiochi e podcast. Seppur eBook e audiolibri catturino l’interesse solo di circa un terzo del campione, insieme ai podcast risultano quelli con il maggiore potenziale di crescita nel prossimo futuro.
I consumatori italiani dichiarano che il tempo dedicato ai contenuti digitali rimarrà stabile nei prossimi 12 mesi.

I video di intrattenimento on-demand risultano centrali in termini di spesa, con poco meno dei due terzi di consumatori italiani che fruiscono di questo contenuto a pagamento. Nonostante la maggioranza intenda mantenere costante il budget mensile, la tendenza e di aumentare, seppur in modo contenuto, piuttosto che ridurre la spesa, specialmente nell’ambito informazione e audiolibri.

AI generativa batte metaverso

Il concetto di Web3 rende possibile lo sviluppo di nuove modalità di distribuzione e commercializzazione dei contenuti digitali. Alcuni esempi di impatti tangibili potrebbero essere la ridefinizione del concetto di proprietà digitale, una maggiore tracciabilità e trasparenza nella filiera associate all’idea di equo compenso per i differenti attori, e la creazione di mercati secondari.

L’AI generativa, nel 2023 ha avuto la sua consacrazione, e l’industria dei contenuti digitali si sta interrogando su quale sia il perimetro per il suo utilizzo. Per quanto riguarda il metaverso, si è invece assistito a una riduzione degli investimenti, anche a fronte di un cambio di focus proprio verso il tema dell’AI.

Pubblicato
Categorie: Società

Lavoro: quanto sono ambiziosi gli italiani?

Equilibrio tra vita e lavoro, retribuzione, sicurezza, flessibilità, giorni di ferie, formazione e assicurazione sanitaria: sono questi oggi i fattori più rilevanti per i lavoratori italiani, mentre la carriera è finita solo al nono posto.
In pratica, oggi si dà più importanza alla vita privata e all’equilibrio con il lavoro, all’appartenenza e alla flessibilità, piuttosto che al salto di carriera.

La rilevanza del lavoro percepita nella vita degli italiani è infatti calata del 5% in un solo anno, mentre è crollata del 9% la motivazione nel ruolo attualmente ricoperto.
È quanto emerge dallo studio condotto da Randstad su ambizione e carriera tra gli italiani, il Randstad Workmonitor 2024.
Secondo la ricerca, che ha coinvolto 764 lavoratori in Italia tra 18 e 67 anni, oltre la metà degli intervistati si dichiara però ‘ambizioso’ in merito al proprio lavoro, ma il 42% in questo momento non è concentrato nell’avanzamento di ruolo.

Più ambizione, ma la carriera non è più al primo posto

Inoltre, il 50% dei lavoratori è disposto a rimanere in un luogo di lavoro che gli piace anche se non ci fosse possibilità di avanzamento, mentre il 34% non desidera del tutto una progressione di carriera.
Solo per il 35% una promozione o un nuovo ruolo oggi rappresentano una priorità.

Il 34% degli italiani poi non assumerebbe ruoli manageriali se potesse scegliere di poter accedere alla propria massima ambizione professionale. Ma secondo il Randstad Workmonitor, il 51% del campione si dichiara ambizioso per la propria carriera.

L’ambizione decresce con l’età

Di fatto, mentre l’ambizione decresce con l’avanzare dell’età la motivazione aumenta man mano che sale la seniority.
A influenzare l’ambizione è soprattutto l’età, gli eventi della vita, gli obiettivi personali e le opportunità che si presentano.

Il 94% degli intervistati mette la vita privata al primo posto dei fattori più rilevanti nel lavoro, poi la retribuzione (93%), sicurezza del lavoro (90%), il sentirsi realizzati (87%), la flessibilità di orario (80%) e così via, fino alla possibilità di promozione, al nono posto, con il 74% e di poco sopra la politica sui congedi parentali (70%).

Segnali di un evidente segnale di malessere 

“Il Workmonitor evidenzia una forte calo della motivazione al lavoro tra gli italiani, un evidente segnale di malessere che va ascoltato e compreso – commenta Marco Ceresa, Group Ceo di Randstad -. Il lavoro si conferma fondamentale nel fornire senso e scopo alle persone, ma oltre alla carriera, sempre più lavoratori includono anche altro nella definizione della propria ‘ambizione’ professionale, che oggi non può prescindere da aspetti valoriali, di flessibilità, di equilibrio con la vita personale. Non sono pochi gli intervistati che affermano di poter essere appagati da un lavoro senza prospettive di carriera ma che sia nelle ‘loro corde’, certamente un’eredità della riflessione profonda delle persone nel periodo di pandemia. Esigenze che le aziende devono impegnarsi a soddisfare con politiche Hr a tutto tondo, tenendo conto dei bisogni dei lavoratori sempre più complessi e articolati”.

Lavoro: come presentarsi al colloquio? I consigli degli esperti

Quando si ricerca un impiego, uno degli aspetti più importanti è il colloquio. È un momento fondamentale, che richiede tempo, preparazione e determinazione. poiché rappresenta la prima vera occasione per mettersi in luce agli occhi di un head hunter o un datore di lavoro.
Ma come presentarsi al colloquio in modo adeguato ed efficace, in modo da intercettare le esigenze e le aspettative della persona che abbiamo di fronte?

Seguendo alcuni consigli mirati si può aumentare la possibilità di successo in termini d’assunzione.
Innanzitutto, è importante cercare di conoscere l’azienda presso cui si vorrebbe lavorare. “Bisogna prendersi il tempo per fare qualche ricerca online sulla storia dell’azienda, sulle sue attività e sui prodotti che produce”, spiega Fabio Splendori, fondatore di QuoJobis. In questo modo, si dimostra di essere motivati e interessati al lavoro offerto.

Alla larga da vestiti troppo casual o sportivi

Un altro aspetto estremamente rilevante da tenere a mente è l’abbigliamento. “Può sembrare scontato o irrilevante ma la prima impressione è quella che conta – continua Splendori -. Indossare un abbigliamento curato e professionale può fare la differenza nella percezione che il datore di lavoro avrà del candidato. Non sempre è corretto giudicare il libro dalla copertina, ma viviamo in una società che dà molta importanza all’apparenza e bisogna fare i conti con questo”.

Tenersi dunque alla larga dai vestiti troppo casual o sportivi per scegliere al contrario abiti adeguati a qualunque ambiente di lavoro e in sintonia con il tipo di lavoro che si sta cercando. “C’è anche da dire che la cosa più importante è sentirsi a proprio agio – aggiunge Splendori -, e un recruiter lo percepisce”.

Il valore della puntualità

“Ricordarsi inoltre di essere puntuali è un dettaglio che preferiamo sempre far presente – consiglia l’esperto -. Arrivare con un leggero anticipo al colloquio mostra la propria puntualità e impegno verso il lavoro e ribadisce la volontà di rispettare gli impegni presi”.
Da tenere a mente anche che, al contrario, arrivare con largo anticipo può creare imbarazzo e problemi all’ambiente di lavoro che in quel momento sta accogliendo il candidato per il colloquio.

Utile poi ribadire che durante il colloquio bisogna sempre cercare di mostrare sicurezza e determinazione. “Non si deve avere paura di dire ciò che si pensa e di rispondere alle domande in modo chiaro e preciso – puntualizza -. Evitare di essere troppo reticente o modesto, potrebbe essere un errore”.

Mantenere sempre un atteggiamento positivo ed educato

Insomma, puntualità, presentabilità, sicurezza, gestione dell’ansia e motivazione sono le pillole per riuscire a realizzare un colloquio eccellente.
“Cerchiamo sempre di suggerire ai candidati di mantenere un atteggiamento positivo ed educato – sottolinea ancora l’esperto -. Mostrare gratitudine per la possibilità che viene offerta e ringraziare il proprio interlocutore per il tempo che ha dedicato al colloquio. Anche se l’incontro non va come sperato, meglio fare in modo di rimanere comunque educato e professionale: potrebbero ricordarsi di te proprio per queste qualità”.

Pubblicato
Categorie: Società