Smart working per il 54% delle imprese anche dopo la pandemia

Il 54% delle imprese italiane utilizzerà lo smart working anche dopo l’emergenza sanitaria. Cresce quindi la preparazione delle imprese per questa modalità di lavoro, e aumenta il gradimento degli interessati. Ma nel disegnare la settimana lavorativa ideale, l’opinione prevalente è che si dovrebbe fare a metà, ovvero 2,6 giorni in presenza e 2,4 a distanza. Sono alcuni risultati della ricerca di Fondirigenti, il Fondo interprofessionale per la formazione dei manager, promosso da Confindustria e Federmanager.

“Abbiamo investito nella formazione manageriale, aumentando del 70% i progetti dedicati alla Fad rispetto a undici mesi fa – afferma Costanza Patti, direttore generale del Fondo – e i risultati dimostrano che la readiness aziendale in meno di un anno è salita del 16%, portandosi al 56%”.

Covid-19, un acceleratore per il lavoro a distanza

Prima dell’emergenza sanitaria faceva ricorso allo smart working solo il 13% delle imprese, mentre oggi solo il 4% non lo ha mai sperimentato. Le più propense a utilizzarlo anche in tempi post emergenziali saranno le cooperative (86%), seguite da enti no profit (85%) e da aziende di beni e servizi (58%). Questa modalità sarà più diffusa nei servizi, meno in quelle manifatturiere, coinvolte più spesso nelle filiere produttive dei beni necessari, per i quali sono indispensabili attività in presenza. Il Centro è l’area territoriale caratterizzata dal maggior numero di lavoratori coinvolti dallo smart working (54,8%) seguito dal Nord (47,2 %) e il Sud (43,1%).

Quanto si sente soddisfatto chi pratica il lavoro agile?

Nella scala da 1 (molto poco) a 5 (moltissimo), il dato medio è incoraggiante, 3,79, con una punta massima per gli imprenditori (4) seguiti da impiegati e funzionari (3,85). Tra gli aspetti positivi del lavoro da casa il primo è l’equilibrio con la vita privata, a cui in media viene dato il voto 3,91 su 5, seguono la gestione e flessibilità del tempo (3,72), il livello di concentrazione (3,48), la produttività individuale (3,44) e il raggiungimento degli obiettivi (3,32). Più in generale, gli impiegati attribuiscono maggiori effetti positivi alla qualità del lavoro in smart working rispetto ai manager, che in media si attestano su un punteggio di 3,1 su 5.

Gli aspetti problematici di un’esperienza ancora in fase di transizione

Attribuendo sempre un voto da 1 a 5, dove 1 significa ‘non critico’, e 5 ‘molto critico’, la mancanza di rapporti sociali ottiene in media 3,76, e l’impossibilità di interagire fisicamente con il proprio gruppo di lavoro 3,6. Non vanno sottovalutati nemmeno alcuni problemi tecnico-logistici, come i problemi di connessione (3,19), gli spazi limitati a disposizione (3,09) e l’assenza di infrastrutture e strumenti idonei al lavoro da casa (3,05). I manager si trovano, poi, d’accordo sul rischio di un ricorso eccessivo a videoconferenze, l’alienazione del lavoro, e l’operare senza limiti orari. Come riporta Adnkronos, ben venga poi la formazione online (3,5 su 5), anche se quella in presenza resta la più apprezzata, con un punteggio di 4,4 su 5.