Dimissioni in aumento, e le aziende faticano a trattenere i talenti 

Nel primo semestre 2022 il 60,1% delle aziende italiane ha riscontrato un numero maggiore di dimissioni rispetto al 2021. Secondo i responsabili HR i motivi dell’aumento delle dimissioni sono riconducibili a diversi fattori, da un ritrovato coraggio di cambiare lavoro a una nuova consapevolezza delle priorità da parte dei professionisti (30,3%). E soprattutto da parte dei giovani, la ricerca di nuove opportunità di carriera e un miglior bilanciamento tra vita privata e professionale (29,8%).  La conferma arriva dall’indagine InfoJobs Attraction Retention, che a inizio anno segnalava come il 41,1% delle aziende indicasse nell’attrarre e trattenere i talenti la sfida più importante. In un mercato sempre più difficile, con le dimissioni in crescita e difficoltà a trovare personale qualificato, trattenere i talenti è infatti una leva chiave per la competitività.

Le aziende puntano sui pacchetti welfare

Il 30,4% delle aziende dichiara però di non intraprendere azioni concrete per trattenere i talenti, soprattutto per il fattore economico (17,9%), anche se il 69,6% dichiara di avere programmi ad hoc. Primo tra tutti (45,9%), il pacchetto welfare aziendale (formazione continua, lavoro agile, benefit e percorsi di crescita), seguito dall’impegno per un modello organizzativo più partecipativo (37,6%), percorsi di carriera chiari e concreti (33,8%), percorsi di formazione professionale (33,1%), e attività di team finalizzate alla costruzione di un clima collaborativo e di fiducia (27,1%). Secondo gli HR, per sottrarre o attirare talenti si utilizzano il fattore economico (60,2%), un migliore equilibrio vita privata-lavoro (17,2%), la possibilità di carriera (11,7%) e il caring (10,9%).

Il malcontento dei lavoratori 

Dall’indagine emerge un generale malcontento: l’80,9% dei dipendenti non consiglierebbe l’azienda per la quale lavora, a causa dell’ambiente di lavoro poco stimolante (52,1%), stipendio e benefit poco soddisfacenti (28,8%). E il 66,7% non si sente valorizzato. Uno scenario alimentato, soprattutto, dalla decisione di assumere risorse esterne all’azienda anziché valorizzare le potenzialità interne (37,6%). Aziende e candidati confermano che la leva economica è essenziale per acquisire talenti o restare. Il 52,7% dei dipendenti afferma infatti che la propria soddisfazione migliorerebbe a fronte di un salario più adeguato e in crescita nel corso degli anni, parallelamente a un percorso di carriera ben sviluppato. Smartworking, orario flessibile, una leadership che supporti e valorizzi le proprie risorse, sono altri fattori fortemente motivanti, sostenuti dal 22,3% degli intervistati.

Occorre modificare l’approccio culturale

Le aziende dovranno fare i conti con dimissioni in caso di scarsa motivazione e poca considerazione dei dipendenti (38,3%). Dovranno quindi modificare l’approccio culturale, ascoltando maggiormente (31,2%) e dialogando con i dipendenti per trovare punti di incontro (25%). L’orizzonte temporale a 5 anni, riporta Adnkronos, restituisce la fotografia di candidati che si vedono impegnati nella ricerca del nuovo, spinti dalla voglia di crescere e imparare (41,7%), nei panni di imprenditore (37,2%), o in un’azienda più affine alle proprie caratteristiche (13,2%). Solo il 7,9% ‘si vede’ nella stessa azienda, di cui apprezza l’ambiente di lavoro e l’attenzione ai dipendenti, ma in una posizione di maggiore responsabilità.