Entro il 2027 andranno in pensione 2,7 milioni di italiani 

Sono 2,7 milioni gli occupati che nei prossimi 5 anni andranno in pensione per aver raggiunto il limite di età. Secondo le stima dell’Ufficio studi della CGIA, che ha elaborato i dati del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal, con la legislazione vigente tra il 2023 e il 2027 quasi il 12% degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro.  Nel periodo considerato, il mercato del lavoro italiano richiederà in totale 3,8 milioni di addetti, di cui 2,7 milioni (il 71,7%) in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione, e più di un milione di nuovi ingressi (il 28,3%) legati alla crescita economica prevista in questo quinquennio.  La metà degli addetti che nei prossimi anni scivolerà verso la quiescenza, poco meno di 1,4 milioni, riguarderà i dipendenti privati, oltre 670mila il pubblico impiego, e altrettanti i lavoratori autonomi.

Le posizioni e i settori interessati “dall’esodo”

Tuttavia, se si calcola l’incidenza della domanda sostitutiva sul totale del fabbisogno occupazionale nelle tre posizioni professionali principali (dipendenti privati, dipendenti pubblici e indipendenti), il valore più elevato, pari al 91,6% del totale, riguarderà il pubblico impiego. Quanto alle filiere produttive/economiche più interessate dall’esodo degli occupati verso la pensione, in termini assoluti sono la Sanità (331.500 addetti), le attività immobiliari, noleggio/leasing, vigilanza/investigazione, altri servizi pubblici e privati (come pulizia, giardinaggio e PA esclusa sanità, assistenza sociale e istruzione), che contano 419.800, e commercio e turismo (484.500).

Il Made in Italy perderà una quota significativa di maestranze

Se, anche in questo caso, si misura l’incidenza della domanda sostitutiva sul fabbisogno occupazionale, i settori che entro i prossimi 5 anni si troveranno maggiormente in difficoltà saranno la Moda (91,9%), l’Agroalimentare (93,4%) e il Legnoarredo (93,5 %). Insomma, i principali settori del nostro Made in Italy rischiano di non poter più contare su una quota importante di maestranze di qualità e di elevata esperienza. Di fatto, il progressivo invecchiamento della popolazione italiana sta provocando un grosso problema al mondo produttivo.

Ma la difficoltà di reperimento è già un problema

Da tempo, ormai, gli imprenditori, anche del Sud, denunciano la difficoltà di trovare sul mercato del lavoro sia personale altamente qualificato sia figure professionali di basso profilo. Se per i primi le difficoltà di reperimento sono strutturali, a causa del disallineamento tra scuola e mondo del lavoro in alcune aree del Paese, per le seconde si tratta di opportunità di lavoro che spesso i nostri giovani rifiutano di accettare, e solo in parte vengono ‘coperte’ dagli stranieri. Una situazione che nei prossimi anni è destinata a peggiorare. In primo luogo, per gli effetti della denatalità, e in secondo per la cronica difficoltà a incrociare la domanda e l’offerta di lavoro.

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Presto smartphone Android localizzabili anche se spenti 

Google sta sviluppando una nuova funzionalità per localizzare lo smartphone anche se è spento. Il servizio potrà creare una rete di tracciamento di dispositivi Android, e consentirebbe di individuare la posizione di uno smartphone smarrito sfruttando oltre 3 miliardi di dispositivi Android dislocati in tutto il mondo.  Secondo l’informatore Kuba Wojciechowski la funzione potrebbe chiamarsi Pixel Power-off Finder, e manterrebbe sempre abilitato il Bluetooth sul dispositivo, anche quando il telefono non è acceso, così come già accade per gli iPhone di Apple. L’azienda sta lavorando alla prossima generazione della funzione ‘Trova il mio dispositivo’ da oltre un anno, ha anticipato l’arrivo della ‘rete’ a dicembre e a gennaio ha iniziato a implementare un interruttore (‘Memorizza posizione recente’) per ‘Trova il mio dispositivo’. Che consentirà di attivare la condivisione della posizione del dispositivo.

Condividere la posizione ogni volta che la batteria scende sotto un certo livello

La funzione richiederebbe al telefono di condividere la sua posizione ogni volta che la batteria scende al di sotto di un certo livello. Questo, darebbe un vantaggio se il telefono ‘muore’ prima che ci si accorga che manca. Il codice sorgente per Android 14 iscritto al programma di accesso anticipato include un nuovo livello di astrazione hardware (hardware.google.bluetooth.power_off_finder), tuttavia, la funzionalità potrebbe richiedere un certo supporto hardware, e non è chiaro se i dispositivi Android esistenti sul mercato possono supportare tale funzione. Ma ci si aspetta che i dispositivi futuri siano dotati di hardware in grado di gestirlo. Non si sa però quando o se questa nuova funzione di tracciamento sarà disponibile.

La funzionalità ricalca quella di Apple implementata sugli iPhone

La funzionalità ricalca quindi quella che Apple ha implementato sugli iPhone, utile quando si smarrisce il telefono o viene rubato. La funzione è stata scoperta nel codice sorgente di Android 14 in fase di test, ed è probabile che venga resa disponibile intanto per i futuri modelli di smartphone Pixel, per poi arrivare su qualunque dispositivi Android. Funzionerebbe con una rete di tracciamento in maniera simile a quello che fa Apple con la funzione ‘Dov’è’, che permette ai possessori di dispositivi della Mela di comunicare con gli smartphone rubati che passano nelle loro vicinanze, e comunicare quindi la posizione al legittimo proprietario.

Tutto verrà svelato alla Google I/O?

Il tutto avverrebbe in maniera anonima e con la possibilità che la funzione possa essere disattivata dal legittimo proprietario, riporta Ansa.  Resta da capire come Google voglia sviluppare Pixel Power-off Finder dal punto di vista della privacy. Forse maggiori particolari saranno svelati alla Google I/O, la conferenza degli sviluppatori Google, che si terrà il 10 maggio.

Il mercato dell’AI oggi vale già 500 miliardi di dollari

Il futuro della robotica è rappresentato dall’Intelligenza Artificiale, che si sta sempre più affermando nel mondo del business grazie all’utilizzo della no-code Ai per supportare le decisioni aziendali. Inoltre, l’interazione dell’AI Generativa con altre tecnologie come la realtà aumentata e la computer vision è in costante crescita. Questi quattro trend emergenti rappresentano interessanti opportunità di investimento nel mercato dell’AI. Lo rivela in un report il gruppo Vedrai, specializzato in soluzioni di Intelligenza Artificiale.

Il mercato dell’Intelligenza artificiale supererà quest’anno i 500 miliardi di dollari

Negli ultimi anni, l’Intelligenza Artificiale è diventata parte integrante della società e le sue applicazioni continuano ad espandersi. Secondo il Worldwide Semiannual Artificial Intelligence Tracker, la spesa di governi e imprese per l’Intelligenza Artificiale supererà i 500 miliardi di dollari entro il 2023. Inoltre, il 51% delle aziende in tutto il mondo sta già investendo in Ai, come dimostra il Top 10 Global Consumer Trends 2023. Inoltre, nel corso del 2022, accanto alle applicazioni già diffuse dell’Intelligenza Artificiale, si è imposta l’Ai generativa dove gli investimenti hanno registrato un valore complessivo di 2,6 miliardi di dollari, secondo The state of generative Ai in 7 charts.
“Fino a qualche anno fa lavorare nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale sembrava fantascienza, perché appariva complesso anche solo spiegare alle aziende italiane cosa fosse, mentre adesso il terreno è diventato molto più fertile e sono le stesse aziende che chiedono soluzioni che utilizzano l’Ai per rispondere concretamente ai loro bisogni” osserva Diego Maccarelli, Head of Corporate Finance di Vedrai.

I settori protagonisti dei prossimi anni  

L’interesse verso l’Intelligenza Artificiale non accenna a diminuire e diventa sempre più importante per il comparto economico. Vedrai si concentra sull’identificazione dei settori che saranno protagonisti del mercato nei prossimi anni, al fine di stimolare l’innovazione a livello di ecosistema e supportare la crescita del Gruppo attraverso acquisizioni e partnership con i migliori talenti sul mercato.
Nonostante il territorio italiano non sia il più fertile per lo sviluppo delle start up, Vedrai crede fortemente nelle competenze dei talenti locali e nella possibilità di valorizzarli in Italia. Il comparto Ai sta crescendo costantemente grazie alle aziende dotate di competenze sempre maggiori e di uno sguardo rivolto ai trend internazionali. In sintesi, Vedrai si pone come obiettivo quello di rivoluzionare il modo in cui imprenditori e manager prendono decisioni in condizioni di incertezza, studiando i mercati emergenti per alimentare la sua strategia di crescita accelerata grazie ad acquisizioni.

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ChatGPT, tutti ne parlano ma quanti lo conoscono davvero?

L’Intelligenza artificiale è il tema caldo di questo periodo, tanti che ha scalzato dalle pagine dei giornali il metaverso. E le prime “sommosse” contro questa novità arrivano anche in Italia. Di recente, ad esempio, i doppiatori hanno scioperato contro i turni massacranti e l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale come minacce per la loro occupazione. Insomma, ldivental’AI sta diventando sempre più popolare. Eppure, un’indagine condotta da The Fool, una digital intelligence company, ha rivelato che solo il 8% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare ChatGPT, un sistema di intelligenza artificiale sviluppato da OpenAI. Il 48,5% degli intervistati non ha mai sentito parlare di ChatGPT, mentre il 21,4% ne ha sentito parlare ma non è sicuro di cosa sia.

Non si conosce il fenomeno, ma interessa

Nonostante ciò, il 34% degli intervistati ha mostrato un certo interesse verso ChatGPT e la maggior parte degli utilizzatori lo usa almeno una volta a settimana, se non tutti i giorni, principalmente per migliorare o integrare il lavoro già svolto, sperimentare e divertirsi o cercare informazioni e fatti. La maggior parte degli utilizzatori ha dichiarato di trovare ChatGPT utile.

Preoccupa il possibile utilizzo poco etico

Tuttavia, il 58% degli intervistati è preoccupato per l’utilizzo poco etico degli strumenti di intelligenza artificiale, come la disinformazione o l’aiuto nei compiti scolastici. Inoltre, il 41% è preoccupato per l’impatto che gli strumenti di intelligenza artificiale possono avere sugli artisti e i creativi, mentre il 40% crede che i progressi nei tool di AI possano migliorare il lavoro. Infine, il 26% degli intervistati non è preoccupato per come gli strumenti di intelligenza artificiale possano essere sviluppati.

Obiettivo miglioramento a 360 gradi

In conclusione, la ricerca ha evidenziato una bassa consapevolezza dell’esistenza di ChatGPT tra gli intervistati, ma allo stesso tempo un discreto interesse. La maggior parte degli utilizzatori lo trova utile, ma ci sono preoccupazioni sull’utilizzo etico degli strumenti di intelligenza artificiale. The Fool ritiene che sia necessario capire come funzioni ChatGPT senza vincoli etici posticci e portare educazione di qualità a più persone possibile per migliorare la vita privata e professionale.

“Serve la volontà di cambiare orizzonti”

“Serve la volontà di cambiare orizzonti, di innovare. Forse anche la voglia di superare i nostri limiti, anche con strumenti come GPT. La AI è qui per restare e la convivenza significa portare educazione di Qualità a più persone possibile, senza vivere con la preoccupazione di essere sostituiti – afferma Matteo Flora, Founder & Board Director di The Fool – La rete ci cambia e siamo noi a dover capire come usarla al meglio per migliorare la nostra vita privata e professionale. Per questo, è necessario fermarsi ad analizzare con attenzione l’utilizzo delle applicazioni tecnologiche anche in contesti inerenti alla libertà di ricerca e di opinione. Credo fortemente che capire ‘alla base’ come funzioni ChatGPT senza vincoli etici posticci sia fondamentale per tutti”.

Casa green, direttiva Ue: quali sono le intenzioni degli italiani?

La direttiva europea sulle case green sta suscitando preoccupazioni tra gli italiani. Lo ha evidenziato un’indagine commissionata da Facile.it ai centri di ricerca mUp Research e Norstat e condotto negli ultimi tempi. La maggioranza degli italiani, più della metà, non conosce la classe energetica della propria casa e 1,2 milioni di persone non sanno nemmeno cosa significa questo termine. Questi dati preoccupanti evidenziano la necessità di aumentare la consapevolezza tra gli italiani sui temi della sostenibilità energetica e della classe energetica degli edifici.

Milioni di italiani obbligati ad adeguare le abitazioni

La nuova direttiva europea obbligherà milioni di italiani a ristrutturare le proprie case per rispettare i criteri di sostenibilità. Tuttavia, pur trattandosi di un tema che riguarda la gran parte dei nostri connazionali, solo il 20% dei rispondenti ha dichiarato di essere disposto ad adeguarsi. Dall’altra parte, l’esercito di chi non ne vuole sentire parlare è infinitamente più ampio, Sono quasi 15 milioni le persone che hanno detto che sistemeranno le loro abitazioni solo se riceveranno aiuti economici dallo Stato. Si tratta di un dato che sottolinea la necessità di un intervento dello Stato per garantire che i cittadini possano adeguarsi alla direttiva senza subire un eccessivo onere economico. Un’indicazione che non deve essere sottovalutata, soprattutto alla luce delle problematiche emerse con l’ex superbonus 110%, che ha coinvolto una platea di proprietari ben inferiore rispetto a quella che sarà toccata dalla nuova direttiva europea.

Piuttosto fuorilegge

E’ interessante notare che, fra i rispondenti all’indagine, sono poco meno di 2 milioni gli italiani (4,6%) che hanno dichiarato di essere disposti a sfidare la legge e ad adeguarsi solo se vengono scoperti durante un controllo. Ancora più allarmante un altra cifra: quasi 1 milione di proprietari è disposo a vendere la propria casa e andare a vivere in affitto per evitare la spesa della ristrutturazione.Questi numeri rappresentano un problema e richiedono un’azione concreta da parte delle autorità.

Una sfida importante ma che non si può vincere da soli

In conclusione, la nuova direttiva europea rappresenta una sfida importante per l’Italia, ma può anche essere un’opportunità per migliorare la sostenibilità del parco immobiliare del Paese. È fondamentale che lo Stato intervenga per fornire sostegno economico ai cittadini e aumentare la consapevolezza sui temi della sostenibilità energetica. Per il momento, non resta che aspettare le prossime mosse.

La capacità di spesa degli italiani scende del 54%

Un clima di incertezza che si riflette direttamente sui consumatori, che iniziano ad avvertire in modo intenso la diminuzione del loro potere d’acquisto. Pandemia, conflitto russo-ucraino, impennata dei costi dell’energia e rialzo dell’inflazione sono i fattori che recentemente hanno colpito gli ecosistemi economici, produttivi e sociali. Tanto che in un solo anno la capacità di spesa degli italiani risulta infatti più che dimezzata, scendendo al -54%, e il 26% delle famiglie teme di non arrivare alla fine del mese. Un dato confermato anche dall’ultima rilevazione Istat, che vede le vendite al dettaglio diminuire dello 0,8% in volume.
Si tratta di alcune evidenze emerse dall’Osservatorio Changing World di Nomisma, che consente di interpretare e anticipare i cambiamenti sociali in corso, e di indagare aspettative, valori, bisogni e modelli di acquisto dei cittadini.

Non basta adottare strategie di risparmio 

Nell’ultimo anno l’88% delle famiglie ha adottato opportune strategie di risparmio per far fronte al rincaro dell’energia e all’aumento generale dei costi. Nonostante questo, il 14% degli intervistati ritiene di guadagnare meno di quanto avrebbe bisogno per sostenere le spese necessarie.
Peraltro, il 25% delle famiglie si ritrova a spendere tutto quello che guadagna solo per far fronte alle spese strettamente necessarie, come utenze, imprevisti che riguardano la propria abitazione, alimentazione, senza potersi permettere altro.

L’economia è condizionata dall’incertezza 

Solo un italiano su due spende meno di quello che guadagna, riuscendo così a risparmiare qualcosa senza dover fare troppe rinunce. E a guidare la ricerca del risparmio è soprattutto l’incertezza, che condiziona pesantemente questa fase del ciclo economico. Il 38% di chi risparmia lo fa proprio perché il futuro sembra essere troppo incerto, mentre il 23% mette soldi da parte per affrontare con tranquillità eventuali spese impreviste.
Dai risultati della ricerca emerge che negli ultimi 12 mesi la capacità di risparmio sia diminuita o molto diminuita per il 54% degli italiani.

Una quotidianità profondamente modificata

Ma guardando al futuro le prospettive non sembrano migliori. Non solo le famiglie temono di non riuscire a risparmiare, ma il 26% di esse teme di non riuscire ad arrivare alla fine del mese. E pensare al risparmio familiare o capire come poter risparmiare parte del reddito è motivo di ansia e stress per un italiano su due.
“L’attuale periodo storico e gli avvenimenti degli ultimi tre anni hanno modificato e continuano a modificare profondamente la quotidianità degli italiani – evidenzia Valentina Quaglietti di Nomisma, come riporta Adnkronos -. Se da un lato abbiamo preso coscienza del fatto che si è delineato un new normal che nulla ha a che vedere con il pre-pandemia, dall’altro si è diffusa anche la consapevolezza che sarà sempre più ricorrente il verificarsi di nuove normalità”.

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Gli aumenti dei tassi fanno lievitare le rate del mutuo

Oltre 3.000 euro annui in più rispetto a solo due anni fa. Ecco quanto si ritrova a pagare chi accende oggi un mutuo, sia fisso sia variabile. Lo rivela il Codacons che, attraverso alcune simulazioni ha messo a confronto le offerte presenti oggi sul mercato per le tipologie di mutuo più richieste in Italia, allo scopo di capire come le decisioni della Bce sui tassi di interesse abbiano influito sulle tasche delle famiglie.

Quanto costa oggi un mutuo?

L’analisi evidenzia che un mutuo a tasso variabile costa oggi fino a +3.624 euro all’anno rispetto al 2021, mentre chi accende oggi un finanziamento a tasso fisso si ritrova a spendere fino a +3.144 euro annui rispetto a due anni fa. A settembre 2021, prima della scia di rialzi varata dalla Bce, per un mutuo a tasso variabile da 150.000 euro della durata di 30 anni il migliore Taeg sul mercato era pari allo 0,48% con una rata mensile pari a 442 euro, mentre il tasso fisso registrava un Taeg dell’1,04% e una rata mensile da 481 euro – spiega il Codacons –. Oggi, per la stessa tipologia di finanziamento, la migliore offerta sul mercato prevede un Taeg del 3,16% e una rata mensile da 627 euro sul variabile; per il tasso fisso Taeg 3,15% e rata mensile da 631 euro, con un incremento di spesa pari rispettivamente a +185 euro e +150 euro al mese sul 2021.

Cosa cambia su un mutuo da 100mila o 200mila euro

Per un mutuo da 100.000 euro della durata di 25 anni, a settembre 2021 il Taeg sul tasso variabile era dello 0,42% con una rata mensile pari a 346 euro, mentre il tasso fisso registrava un Taeg dello 0,98% e una rata da 370 euro. Oggi, per lo stesso mutuo, il Taeg sale al 3,10% sul variabile, 3,49% sul fisso, con una maggiore rata mensile rispettivamente da +122 e +116 euro rispetto a due anni fa.
Cattive notizie per chi ha acceso (o vuole oggi accendere) un mutuo da 200.000 euro della durata di 20 anni: qui per il tasso variabile il Taeg passa dallo 0,39% e una rata mensile pari a 858 euro del settembre 2021 al 3,62% di oggi e una rata mensile pari a 1.160 euro, con un incremento di spesa da +302 euro a rata. Per il tasso fisso si passa da un Taeg dello 0,86% e rata mensile da 903 euro a un tasso del 3,80%, e rata mensile da 1.165 euro (+262 euro a rata).

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Conto corrente addio: costa troppo

Quattro milioni di italiani hanno deciso di cambiare banca. E non perchè non siano soddisfatti dei servizi offerti, bensì per l’aumento dei costi di gestione di un semplice conto corrente. D’altronde, i costi sono aumentati in maniera significativa. Rispetto al 2022, i prezzi hanno visto un balzo verso l’alto tra l’8% e il 26%, con costi compresi fra i 28 e i 154 euro annui.

I numeri dell’esodo 

A “dare i numeri” del fenomeno è Facile.it, che ha effettuato un’indagine ad hoc realizzata sull’Indicatore dei Costi Complessivi (ICC) dei conti offerti oggi da sei primari istituti bancari. Con tali rincari, dunque, non sorprende vedere che molti italiani abbiano scelto di cambiare istituto di credito; il dato è confermato dall’indagine che Facile.it ha commissionato agli istituti mUp Research e Norstat da cui è emerso che, nell’ultimo anno, il 15,1% dei correntisti, pari a 5,6 milioni di individui, ha detto di aver cambiato conto corrente e, tra questi, 4,4 milioni hanno dichiarato di averlo fatto a causa dell’eccessivo costo.

La metà di chi cambia non è soddisfatta del costo del canone annuo base

Analizzando più nel dettaglio le motivazioni che hanno spinto un così altro numero di italiani a cambiare banca, si scopre che la prima volte è proprio legata al pezzo. Il 53,2% lo ha fatto perché giudicava troppo alto il canone annuo base (si arriva fino al 59,1% nella fascia 25-34 anni ed al 56,3% al Sud e nelle Isole); il 31,5% perché riteneva eccessivo il costo delle singole operazioni (41,4% nella fascia 35-44 anni e 34,9% al Sud e nelle Isole) ed il 25% perché i costi (fissi o variabili) avevano subito aumenti eccessivi nel corso dell’anno. Altra ragione di cambiamento è stata la qualità del servizio: il 21,6% ha dichiarato di aver lasciato il proprio conto perché il servizio offerto non era all’altezza, l’11,1% non riteneva valido l’home banking, mentre il 9,7% ha cambiato perché il conto non era dotato di funzionalità digitali.

Quanto costa un nuovo conto?

Ma quanto si spende oggi per mantenere un conto corrente? Facile.it ha esaminato l’ICC (Indicatore dei Costi Complessivi) dei conti correnti offerti oggi da sei primari istituti bancari e confrontato i valori con quelli disponibili per altrettanti profili di clienti rilevati nel 2022 scoprendo che i prezzi sono saliti sia per i conti tradizionali sia per quelli online con incrementi che, a seconda del profilo di utilizzatore, variano tra l’8% e il 26%. Oggi, quindi, per mantenere un nuovo conto corrente si spende, in media, fra i 28 e i 154 euro annui. L’aumento è stato rilevato per tutti i profili di utilizzo e, in termini percentuali, si fa sentire di più sui conti storicamente meno costosi: i giovani (rincari tra il 13% e il 22%), le famiglie con operatività bassa (10-20%) e i pensionati con operatività bassa (10%-26%).

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Mercato del lavoro: nel 2022 sono stati creati 412mila posti 

Può portare una seppur leggera ventata di ottimismo la notizia ufficiale relativa alla creazione di nuovi posti di lavoro nel corso del 2022. Complessivamente, sono stati attivati – nell’anno appena trascorso – 412mila i nuovi rapporti a tempo indeterminato di lavoro. Lo rende noto la nota di gennaio redatta congiuntamente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dalla Banca d’Italia e da Anpal, sulla base delle comunicazioni obbligatorie e delle dichiarazioni di immediata disponibilità al lavoro.

Saldo positivo tra assunzioni e cessazioni  

La nota congiunta evidenzia che Il 2022 si chiude con un saldo positivo tra assunzioni e cessazioni (382mila unità), sebbene inferiore a quello del 2021 (602mila). Si tratta comunque di un risultato soddisfacente, se confrontato con il dato del 2019 (308mila), prima cioè dell’emergenza sanitaria. L’incremento della domanda di lavoro è rimasto sostenuto fino all’inizio dell’estate, trainato soprattutto dal turismo, per poi rallentare a causa soprattutto dell’indebolimento del settore delle costruzioni. Nella manifattura le attivazioni nette sono state superiori a quelle del 2021: in questo settore la creazione dei posti di lavoro è proseguita a tassi sostanzialmente costanti anche negli ultimi due mesi dell’anno, nonostante il rallentamento nei comparti a maggiore intensità energetica.

Trasformazioni da determinato a indeterminato

Nel complesso è da segnalare il saldo positivo dei rapporti di lavoro dipendente a tempo indeterminato sottoscritti nel 2022 (+412mila), che ha beneficiato del gran numero di trasformazioni determinate dal consolidamento della ripresa nella prima parte dell’anno, mentre è sostanzialmente stabile il saldo dei rapporti a termine (+23 mila) ed è diminuito il ricorso all’apprendistato (-53mila).

Occupazione femminile e divario nord-sud le criticità

In questo contesto esistono tuttavia ancora delle criticità da risolvere. Si tratta in particolare dell’andamento dell’occupazione femminile e del divario tra Nord e Sud del Paese. Nel 2022 la crescita dell’occupazione femminile è stata inferiore a quella maschile: i saldi sono stati rispettivamente +152mila e +230mila unità. A dicembre l’incremento dell’occupazione femminile si è sostanzialmente arrestato. Per quanto concerne le differenze geografiche, nel 2022 la crescita delle attivazioni nette si è concentrata nel centro-nord (+302mila) a un tasso ben più alto rispetto all’anno precedente: nel 2021 questo era infatti pari a circa il 68%, mentre nel 2022 è salito al 79%. Nelle regioni meridionali la fase espansiva si è interrotta una volta esaurita la spinta del comparto edile, che aveva contribuito alla crescita occupazionale del 2022 per circa il 30%.

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Quali saranno le cyber minacce per le aziende nel 2023?

Quali saranno le minacce più rilevanti per grandi aziende e PA nel 2023? Rispondono gli esperti di Kaspersky Security Services, che nell’ambito del Security Bulletin hanno delineato le previsioni relative agli attacchi più rilevanti. Nel 2022 è cresciuto il numero di media blackmail: all’inizio del 2021 gli esperti contavano 200-300 post mensili, mentre il picco massimo, verificatosi più volte tra la fine del 2021 e la prima metà dell’anno passato, ha superato i 500 post mensili. Gli autori di ransomware pubblicano infatti sempre più spesso post dedicati a nuovi episodi di hacking di successo eseguiti ai danni delle aziende. E i cyber criminali sono stati attivi anche alla fine del 2022. A settembre e novembre la Digital Footprint Intelligence di Kaspersky ha rilevato rispettivamente circa 400 e 500 post. 

Aumentano i falsi blog post sull’estorsione

I criminali informatici prima contattavano direttamente la vittima, ora invece comunicano la violazione direttamente attraverso i loro blog, impostando un conto alla rovescia per la pubblicazione dei dati trapelati senza chiedere privatamente un riscatto. Questo dark trend continuerà ad aumentare nel 2023 perché questa tattica avvantaggia i criminali informatici. I dati, infatti, vengono spesso messi all’asta e l’offerta finale a volte supera il riscatto richiesto. I blog post sull’estorsione attirano poi l’attenzione dei media, e nel 2023 alcuni attori meno noti potrebbero approfittarne, sostenendo di aver presumibilmente violato un’azienda. Ma indipendentemente dal fatto che l’hacking sia realmente avvenuto o meno, una segnalazione di fuga di notizie potrebbe danneggiare l’azienda.

Fuga di dati: un trend in crescita

Gli esperti prevedono che la tendenza alla fuga di dati personali continuerà anche nel 2023. Nonostante la fuga di dati personali influisca direttamente sulla privacy delle persone, anche la cybersecurity aziendale è messa a rischio. Spesso infatti i dipendenti utilizzano gli indirizzi e-mail lavorativi anche per registrarsi a siti di terze parti, che possono essere esposti a fughe di dati.
Quando le informazioni sensibili come gli indirizzi e-mail diventano pubblicamente accessibili possono suscitare l’interesse dei criminali informatici, e innescare discussioni su potenziali attacchi all’azienda su siti web darknet. Inoltre, i dati possono essere utilizzati per il phishing e il social engineering.

Cloud nel mirino e Malware-as-a-service per attacchi sempre più complessi

Gli esperti prevedono inoltre che gli attacchi ransomware diventeranno sempre più simili tra loro, a causa dell’aumento degli strumenti malware-as-a-service (MaaS). La complessità degli attacchi aumenterà, il che significa che i sistemi automatizzati non saranno sufficienti a garantire una sicurezza completa. Inoltre, la tecnologia cloud diventerà un vettore di attacco popolare, poiché la digitalizzazione porta con sé maggiori rischi per la cybersecurity. E nel 2023 i criminali informatici ricorreranno più spesso ai siti dark web per acquistare l’accesso a organizzazioni precedentemente compromesse.

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